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Sentiero n° 975: sentiero di montagna - strada sterrata
difficoltà escursionistica E
Lunghezza km 5,2
Tempo percorrenza 2 ore e 30 minuti
Sentiero n° 977: strada sterrata - strada bianca
Lunghezza km 3,2.
Tempo percorrenza 1 ora.
Il tema di questa escursione è in prevalenza naturalistico-forestale anche se si attraversano aree rurali, caratterizzate dalla tipica architettura agraria dell’isola, con alta vocazione alla coltivazione dello zibibbo, dell’olivo e del cappero. Il punto di partenza coincide con il sito archeologico delle tombe bizantine scavate nella roccia vulcanica.
L'itinerario è composto dal sentiero n° 5 e n° 7, dalla costa di Zighidì si scende attraverso un breve tratto di sentiero forestale, fino ad arrivare all’interno della Valle del Monastero, depressione alla base della caldera primitiva che ha dato origine all’Isola di Pantelleria. La Valle del Monastero è caratterizzata da una forte valenza rurale, poiché condizioni pedoclimatiche favorevoli hanno fatto sviluppare una fiorente viticoltura di qualità. Il vitigno coltivato è il Moscato d’Alessandria, comunemente chiamato “Zibibbo”. L’escursione prosegue in direzione nord-est, attraverso un sentiero che si inerpica sul versante opposto a quello di partenza, fino ad arrivare alla Grotta del “Bagno Asciutto”. Le esalazioni di vapore acqueo, frutto dell’attività vulcanica secondaria, consentono di usufruire di un bagno turco naturale. L’ingresso della grotta è ricoperto da particolari aggruppamenti di briofite, caratterizzate da diverse entità endemiche, rare o di particolare interesse fitogeografico.
Il percorso poi continua sulla sinistra, per il sentiero che percorre il Passo del Vento, immergendosi all’interno di un paesaggio caratterizzato da una natura selvaggia, che ha pienamente colonizzato le colate laviche, in particolare dopo l’abbandono colturale. L’area è dominata da pendii inaccessibili, denotando i resti di aspetti di vita rurale e dei resti di coltivazioni agrarie. Sono talora presenti espressioni di vegetazione forestale autoctona, di grande valore naturalistico, facenti capo alla serie di vegetazione del lecceto. La vegetazione colonizza i grossi massi di natura vulcanica con vari aspetti di macchia e boscaglia bassa a leccio che svolgono un ruolo pioniero nella ricolonizzazione dei substrati.
Oltre al Leccio, la composizione floristica di questa serie di vegetazione è caratterizzata da piante termo-xerofile sempreverdi, come il Corbezzolo (Arbutus unedo), l’Erica arborea (Erica arborea), il Lentisco (Pistacia lentiscus), lo stracciabraghe (Smilax aspera), l’Ilatro comune (Phillyrea latifolia), etc.
Più avanti, lungo i tratti del cono vulcanico di Fossa del Russo, la formazione forestale è da riferire alla macchia-boscaglia a Ginepro fenicio, insediata su substrati ancora più poveri e con una maggiore esposizione solare. La composizione floristica si differenzia dalla precedente per la presenza della Periploca minore (Periploca angustifolia), dall’Euforbia arborescente (Euphorbia dendroides) ed altre sclerofille termofile, tra cui ricordiamo l’Olivastro (Olea europea var. silvestris), l’Ilatro sottile (Phillyrea angustifolia), la ginestra spinosa (Calicotome villosa) ecc.
Il sentiero, snodandosi attraverso queste realtà, passa ai margini di Fossa del Russo, affacciandosi sul sottostante pianoro delle “Favare”. Il visitatore a questo punto si trova sospeso tra tempo e spazio, in un luogo dove la terra sembra respirare; dopo un attimo di stupore si inizia a scendere verso le fumarole, dove l’udito è occupato a percepire il rantolio del vulcano, mentre il tatto fa sperimentare il calore delle rocce dai colori più disparati, immersi tra i fumi, dal caratteristico odore sulfureo.
Le “favare” sono delle fumarole la cui componente gassosa, prevalentemente composta dal vapore acqueo, raggiunge anche temperature di 50° C..
Di particolare interesse sono anche, in questo caso, le stratificazioni cianofitiche, tipiche di ambienti termali che si sviluppano in prossimità delle bocche di emissione. I contadini, con un modo ingegnoso, trasformavano questi vapori in una risorsa idrica, allocando sopra le bocche di emissione dei rami di erica. Al contatto, il vapore acqueo condensa e le goccioline d’acqua venivano sapientemente convogliate attraverso dei canali in delle vasche. Pur essendo i canali, in parziale abbandono, il fenomeno è ancora visibile.
Da questo stupendo scenario si inizia a tornare verso località Monastero. Il sentiero fiancheggia il letto di un piccolo ruscello che ci accompagna fino all’abitato di Rekale, dove si percorre un breve tratto di strada in cemento, inserendosi nuovamente nella realtà rurale, fino a raggiungere il cuore della Valle Monastero. Risalendo l’orlo calderico, punto di partenza dell’escursione, si ha una visione d’insieme dell’intero percorso. Restano le profonde considerazioni sulla genesi dell’isola, nonché sugli sforzi e gli adattamenti dell’uomo pantesco finalizzato a rendere produttiva una terra, così impervia e difficile, a notevole distanza tra la Sicilia e l’Africa.